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Home / Difesa / Marina militare e Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia proteggono Pozzuoli

Marina militare e Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia proteggono Pozzuoli

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18 Mag 2013 18 Mag 2013  Clara Salpietro Inviato da Clara Salpietro


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Nave Ammiraglio Magnaghi

Ha preso il via la campagna geofisica-oceanografica ‘RICAMAR 2013’, condotta in sinergia tra l’Istituto Idrografico della Marina Militare e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INVG), nell’ambito dell’accordo di collaborazione con il Coordinamento Nazionale per la Geofisica Marina (CONAGEM).
Nave Ammiraglio Magnaghi, unità Idro-Oceanografica maggiore della Marina Militare, ha lasciato il porto di La Spezia ed è arrivata nel Golfo di Pozzuoli, dove svolgerà un’importante attività scientifica volta allo studio delle acque della caldera dei Campi Flegrei, una delle zone vulcaniche più pericolose e popolate del mondo, da monitorare in tempo reale, per proteggere le popolazioni vicine.
A bordo un’equipe di ricercatori dell’INGV, il cui obiettivo è una caratterizzazione ambientale del Golfo di Pozzuoli attraverso l’identificazione di strutture sottomarine, la tipologia del fondale marino, il censimento di sorgenti di emissione gassose, la valutazione di variazioni termiche delle acque marine, comparate con dati satellitari e contestualmente prefigurare scenari sottomarini propedeutici all’installazione di sistemi di osservazione.
Il progetto è di estrema utilità poiché attualmente non esistono sistemi di rilevamento della deformazione associata ai fenomeni sismici sul fondale marino installati nel Golfo di Pozzuoli.
Il focus è quello di realizzare un prototipo di infrastruttura con cavo sottomarino, sul quale vi sono alcuni punti di collegamento per sensori di monitoraggio.
INGV affiancherà gli specialisti della Marina Militare ai ricercatori dell’Osservatorio Vesuviano, profondi conoscitori dell’area di studio e della fenomenologia, e ai ricercatori dell’Unità di Geofisica Marina della sede di Porto Venere. Questi ultimi parteciperanno alle attività a bordo delle unità idrografiche della Marina Militare mettendo a disposizione anche l’imbarcazione BigOne, progettata per l’esplorazione geofisica in aree costiere.
Tramite la strumentazione imbarcata sulle idrobarche sono stati condotti in questi giorni rilievi batimetrici a mezzo ecoscandaglio multifascio, rilievi stratigrafici con sub-bottom profiler e magnetometrici (magnetometro INGV).
La Marina Militare, concorre alla salvaguardia ambientale, proponendosi come ponte tra la rete di monitoraggio a terra e l’innovativo sistema marino.
Nave Magnaghi sosterà nel Golfo di Pozzuoli fino al 29 maggio e sarà disponibile per visite a bordo da parte della popolazione civile nel corso del fine settimana:
il sabato dalle 15.00 alle 18.00
la domenica dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00

LA SCHEDA
La caldera dei Campi Flegrei è una delle zone vulcaniche più pericolose e popolate del mondo; da ciò nasce la necessità di un monitoraggio in tempo reale per scopi di protezione civile. Questa necessità ha portato, nel tempo, a sviluppare progetti di cooperazione sia regionali che nazionali con lo scopo di integrare la rete di monitoraggio terrestre con un innovativo sistema marino.
La caldera comprende la parte occidentale della città di Napoli e si estende nel Golfo di Pozzuoli. La caratteristica principale dell’attuale attività vulcanica della caldera è il movimento lento del suolo a carattere episodico e di grande ampiezza (bradisismo), accompagnata da un’intensa attività sismica e superficiale che si verifica solo durante la fase di sollevamento.
Si prevede, attraverso modelli deformativi calibrati con dati acquisiti a terra, che la massima deformazione sia localizzata nel Golfo di Pozzuoli.
Nel periodo di massimo abbassamento – risalente probabilmente al medioevo – alcuni studi dimostrano che il livello del suolo era tra i 7 e i 10 m più basso rispetto all’epoca di costruzione del Serapeo nel I sec. d.C.. Nel 1500 un’importante crisi di sollevamento determinò un innalzamento complessivo dell’area di circa 7 m e precedette l’eruzione del Monte Nuovo, avvenuta nel 1538.
Dopo l’eruzione iniziò invece un periodo di lenta subsidenza. In tempi più recenti, precisamente nel 1969-72 e nel 1982-84, si sono verificate due crisi bradisismiche, accompagnate da attività sismica, che hanno portato a un sollevamento del suolo complessivo di circa 3,50 m.
Durante la prima delle due crisi si registrò un sollevamento del suolo di circa 1,70 m, al quale seguì una lenta subsidenza fino al 1982. Fra il 1982 e il 1984 si ebbe un nuovo sollevamento del suolo di 1,80 m accompagnato da circa 10.000 terremoti, il maggiore dei quali avvenne il 4 ottobre 1983 e fu di magnitudo 4.2. Durante queste crisi una parte della popolazione di Pozzuoli venne evacuata per il rischio di crolli provocati dalla forte attività sismica.
Dal 1985 il suolo ha ripreso ad abbassarsi, sebbene con periodi di sollevamento più brevi e di minore entità. Questi periodi sono puntualmente accompagnati da sciami sismici, l’ultimo dei quali si è registrato nel giugno del 2010.

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