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Home / Difesa / Le Forze Armate e l’Approccio Integrato nella gestione delle crisi internazionali

Le Forze Armate e l’Approccio Integrato nella gestione delle crisi internazionali

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09 Mar 2012 09 Mar 2012  Clara Salpietro Inviato da Clara Salpietro


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forze armate nato

(di Anthony Brown e Clara Salpietro) – Le Forze Armate operano ormai da un decennio in contesti sempre più complessi e volatili in cui la separazione fra la fase a connotazione squisitamente militare (peacekeeping e peace enforcment) e quella di stabilizzazione e ricostruzione non è più così netta.
In particolare, le esperienze maturate nei Balcani, hanno dimostrato che le minacce alla sicurezza richiedono alla comunità internazionale un approccio globale ai problemi della sicurezza e della cooperazione e sviluppo, combinando il coordinamento di strumenti civili e militari.
Uno sforzo concertato di tutti gli attori sulla scena internazionale che contribuiscono alla risoluzione della crisi con le rispettive forze e mandati.
Le esperienze maturate in Iraq e Afghanistan nell’ultimo decennio lo hanno dimostrato con maggior enfasi evidenziando che, già prima dell’intervento, i diversi attori, fra i quali le forze militari, le organizzazioni civili e le organizzazioni non governative, hanno la necessità di operare in stretta sinergia, sin dai primi momenti della crisi.
I Paesi si sono dotati di una dottrina che accogliesse a tutti i livelli, tattico, operativo, ma soprattutto strategico, questo nuovo approccio concettuale e le principali organizzazioni internazionali l’hanno adottato elevando a livello regionale e globale questo nuovo approccio alla gestione delle crisi.
Nello specifico, la NATO si dotava di linee guida a livello politico, con l’adozione del Comprehensive Political Guidance, già al Summit di Riga del 2006 e nel mese di aprile del 2008 (http://www.nato.int/cps/en/natolive/topics_51633.htm), e concordava un Piano d’Azione con proposte pragmatiche sulla sua adozione. Lo stesso anno, nel mese di giugno, il governo finlandese ha organizzato un seminario internazionale sul tema, a cui hanno partecipato numerose rappresentanze nazionali oltre che le principali organizzazioni internazionali, fra le quali ONU, NATO e UE.
In quell’occasione non si definì univocamente il concetto di approccio integrato, ma emerse il generale consenso sulla necessità di integrare la dimensione politica, di sicurezza, di cooperazione e sviluppo, umanitaria, dei diritti umani delle missioni internazionali (Pubblicazione sul Comprehensive Approach del Ministero della Difesa – Finlandia: Trends, Sfide e Possibilità per la Cooperazione nella Prevenzione e Gestione delle Crisi, giugno 2008, www.defmin.fi/english).
In aprile 2009, la NATO riaffermava questo approccio al summit di Strasburgo-Kehl, in cui i capi di Stato e di Governo confermavano la priorità conferita all’Approccio Integrato. Il nuovo concetto strategico della NATO, adottato al successivo Summit di Lisbona a novembre 2010, evidenziava l’importanza, nella gestione delle crisi, dell’adozione di un approccio integrato che prevedesse strumenti politici, civili e militari.
Un quadro concettuale che sottende processi collaborativi, basati su una comprensione condivisa a premessa di azioni concertate per la prevenzione o la risoluzione delle crisi nel comune fine di garantire la sicurezza Euro-Atlantica e, più in generale, internazionale.
La sicurezza e la cooperazione e sviluppo non possono essere assicurati da una singola nazione o organizzazione, ma da meccanismi multilaterali e organizzati a sistema e che coinvolgano strumenti civili e militari integrati e opportunamente sincronizzati.nato
La NATO è essenzialmente un’alleanza militare e non ha grandi capacità civili sul terreno e questo comporta una sua tendenza a incrementare i rapporti di cooperazione con attori civili esterni alla stessa e con organizzazioni internazionali. In tale contesto, la cultura, le procedure e le dottrine sono essenzialmente militari e lasciano spazio ad un approccio civile come si deve. Uno dei passi positivi in questo senso, adottati sul terreno, sono stati i Provincial reconstruction teams (Prts) in Afghanistan.
L’Unione Europea, invece, è spesso considerata come l’attore con le maggiori possibilità di sviluppare ed esplicitare il comprehensive approach. La stessa, infatti, annovera capacità militari e civili per la gestione della crisi rispettivamente per un intervento militare già dal Consiglio Europeo di Colonia del 1999 e per una missione civili (polizia, giustizia, amministrazione civile e protezione civile) dal Consiglio di Feira del 2000. Un impulso ulteriore in questa direzione è stata dato con la firma del Trattato di Lisbona nel 2007.
La sfida più importante consiste da un lato nell’assicurare coerenza tra gli strumenti della Commissione Europea (primo pillar) e quelli della Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD, secondo pillar), dall’altro nella coesistenza di sistemi civili e militari all’interno del PESD stesso.
Sul terreno gli “EU Special Representatives” giocano, sempre più, un ruolo centrale nel coordinamento delle attività svolte nelle missioni europee raccordando Bruxelles e il livello esecutivo con le differenti agenzie presenti sul campo.
La complessità delle crisi internazionali richiede la definizione di strategie che avvicinino il più possibile strumenti diplomatici, finanziari, civili, culturali e militari, sia negli stadi preliminari che nella gestione della crisi vera e propria e nella fase della stabilizzazione e ricostruzione (Il Libro Bianco della Difesa e Sicurezza francese, giugno 2008, p. 58, reperibile in rete: QUI).
europa
Una gestione non adeguata delle crisi, nelle sue varie fasi, minerebbe la stessa legittimità del coinvolgimento della comunità internazionale nella risoluzione delle emergenze, comporterebbe un dispendio di preziose risorse economiche e finanziarie e, nell’ipotesi meno favorevole, prolungherebbe gli atti di violenza ai danni della popolazione locale altrimenti contenibili nella durata e virulenza a tutto vantaggio della sicurezza a livello locale e internazionale.
È pertanto auspicabile un’ulteriore evoluzione del modello teorico di approccio integrato verso una soluzione efficace, riequilibrando gli interessi particolaristici e ricollocando le motivazioni delle singole nazioni in un contesto più ampio e funzionale a beneficio dell’ordinamento internazionale e perfezionando le relazioni fra le organizzazioni stesse UN-NATO, NATO-UE, UN-UE, UE-OSCE, al fine di evitare eventuali dispendiose duplicazioni di competenze.

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tag Nato, forze armate, Trattato di Lisbona, missioni internazionali, Comprehensive Approach, comunità internazionale, Consiglio di Feira, peace enforcment, Politica Europea di Sicurezza e Difesa

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